Giuseppe Terragni
La storia del telaio - Una progressiva liberazione

 

All'interno della sperimentazione di Terragni il tema del telaio può assurgere a ruolo di quadro unificante della sua poetica. E vediamo come questo tema vada man mano trasformandosi e precisandosi opera dopo opera, in una lenta trasformazione da struttura familiare a forma enigmatica ed astratta, fino a guadagnarsi completa autonomia sintattica, la completa liberazione.

Analizziamone dunque le fasi evolutive.

Il tema del telaio compare per la prima volta all'interno della produzione di Terragni nei volumi dei forni dell'Officina del Gas (1927). Qui l'architetto tratta la facciata attraverso la struttura a telaio, ma non separa quest'ultimo dal resto dell'edificio, come nelle opere milanesi o nella villa Bianca; Terragni opera come opererà nella facciata della Casa del Fascio, cioè relazionando il telaio in maniera asimmetrica rispetto all'edificio.

Nella Casa del Fascio (1932-36) il motivo del telaio matura e prende corpo. Infatti, mentre, come abbiamo già detto, il telaio in facciata è articolato asimmetricamente rispetto alla volumetria principale dell'edificio, il telaio strutturale a vista nell'interno della sala delle adunanze denuncia l'operazione di sottrazione all'interno del volume pieno, operazione booleana di creazione del vuoto centrale, il quale diventa dunque forma negativa. Il telaio allora diventa la frontiera tra due mondi che hanno bisogno l'uno dell'altro e che si compenetrano: il pieno e il vuoto.

  

Nel primo progetto della nuova sede dell'Accademia di Brera con Figini e Pollini, mai realizzato ma ricostruito ed esposto in modello alla Biennale veneziana del 1976, il grande telaio ha la funzione di unificare il volume di acciaio e vetro.

Nella casa Rustici (1933-36) il grande telaio in facciata diventa un motivo originalissimo (quasi un enorme bow window appeso) e denuncia sinteticamente la grande novità della concezione dell'edificio, che risulta articolato in tre fasce (due piene laterali e un invaso centrale). Il motivo del telaio è utilizzato da una parte al fine di unificare le tre parti, dall'altra con l'intento di esaltare la percezione delle diverse profondità e degli effetti di stratificazione.

    

E' nella Casa sul lago per l'artista, realizzata alla V Triennale di Milano con il gruppo di Como, che Terragni adopera per la prima volta nella sua architettura domestica il motivo del telaio, che incornicia la facciata. Esso viene usato per ritmare, uniformare e dare chiaroscuro. Il telaio consente di avere una doppia parete: una sul fronte esterno (a protezione dalla luce e che delimita logge eportici) e l'altra, più arretrata, che raccoglie gli infissi. E' usato per formare motivi sovrapposti o sfalsati con libertà rispetto alle funzioni retrostanti, rivela la massa volumetrica attraverso il chiaroscuro ma allo stesso tempo la arricchisce con una sensibilità asimmetrica perchè, dove serve, viene sostituito dalla parete liscia solcata da aperture a filo o completamente cieca. Elemento funzionale, figurativo (mostra l'ossatura portante) e insieme astratto, porta la profondità alla superficie, il volume all'astrazione.

   

Nella Villa per un floricoltore a Rebbio Terragni elabora il tema della doppia parete e del telaio. Invece del motivo a loggiato, l'architetto inventa un telaio-gigante che raccoglie tutta la costruzione. Le pareti degli ambienti sono arretrate rispetto all'incorniciatura e vengono trattate come lastre che si muovono in libertà.

Nella Villa sul lago del '36 il telaio è trasformato in un macro-contenitore. I modi diversi con cui le pareti della casa sono trattate non si rivelano mai direttamente all'esterno, ma tutte si alimentano del contrasto chiaroscurale e geometrico con il telaio-gigante che ne racchiude le variazioni.

  

Nella Villa Bianca il telaio compie un altro passo della sua evoluzione. Diviene un elemento antagonista al volume, si svincola così dagli usi precedenti per affiancarsi agli altri elementi «liberi» della casa. La rampa, le scale, le pensiline, il balcone insieme al telaio cospirano la messa in crisi del volume.

L'asilo Sant'Elia condivide con la villa il ruolo indipendente che gioca il telaio, ma esso assume nel rapporto con la natura un nuovo accento. L'inizio è segnato dalla presenza, sulla strada, dello stesso telaio adoperato nella villa Bianca: un elemento antagonista al volume pieno, un pezzo di struttura sbilanciata nello spazio. Il telaio però non serve solo ad attaccare l'unitarietà del volume, a metterlo in crisi dinamicamente, ma è il prodotto della pressione esercitata dal giardino. È un segnale del cuore verde del progetto. E al giardino il telaio rimanda: nell'allineamento e nella medesima larghezza (quindi nei reciproci traguardi visivi) e nella presenza di una striscia di verde a prato incisa nel pavimento. Nel blocco delle aule e nel portico a sbalzo della corte un telaio strutturale che tiene le tende apribili diventa segno di un ideale e astratto sogno di purezza.

   

Il prospetto a nord della casa Giuliani Frigerio è una delle composizioni più belle di Terragni. Un blocco solcato da tre lunghe asole si distacca dalla parete retrostante sbilanciando l'architettura. Dietro al corpo avanzato, il sistema della tettoia e delle pensiline dell'attico si innalzano verso il cielo in una nuova interpretazione del telaio.

   


Riassumiamo dunque le fasi di evoluzione del motivo del telaio all'interno della poetica di Terragni:

- telaio unito e relazionato al volume (Officina del Gas, Casa del Fascio);

- telaio quale mezzo per unificare e ritmare (primo prog. Accademia di Brera, Casa Rustici, Casa dell'artista);

- telaio come macro-contenitore (Villa del floricoltore, Villa sul lago del '36);

- telaio antagonista al volume (Villa Bianca, Asilo Sant'Elia, Casa Giuliani Frigerio).